riflessi etici

prospettive cristiane sull'attualità

  • L’avventura continua…

    Dal primo novembre 2011 biblicamente diventa Riflessi etici. Cambiano il nome e il formato grafico, ma l’obiettivo del progetto – dal 2005 – resta lo stesso: cogliere nell'attualità i riflessi etici che emergono dai fatti, dai commenti, dalle proposte, dalle speranze di chi ci sta attorno. Rispecchiando valori che vale la pena di riscoprire pienamente e vivere con coerenza.

    Vi aspetto su riflessietici.wordpress.com

Posts Tagged ‘errori’

Il senso del limite

Posted by pj su 2 luglio 2010

Abbiamo perso il senso del limite? Se lo chiede, in un interessante intervento su Panorama, Giulio Meotti, che rileva come «nella stagione delle nonne che diventano mamme, dei trans, delle discussioni infinite su aborto, eugenetica ed eutanasia, i confini non contano più… siamo così confusi da fare sempre più fatica a distinguere la vita dalla morte, il padre dalla madre, il maschio dalla femmina».

Un articolo lungo per lanciare un allarme e una speranza: «che dai casi che più hanno diviso l’opinione pubblica recentemente si possa trarre una lezione. Abbiamo perso il senso del limite».

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Povia, Eluana e gli altri

Posted by pj su 18 febbraio 2010

Non mi azzardo a dire che ha ragione: sul tema della morte, paradossalmente, non esiste una parola “fine”. Non possiamo dire se Eluana Englaro volesse davvero morire o se stesse lottando per vivere, se le sue condizioni cerebrali fossero irrecuperabili o meno, se la sua situazione sarebbe stata considerata irreversibile anche tra un mese, un anno, cinque anni.

Di certo facendo di lei una bandiera, la si è esposta a una discussione – e a un’umiliazione – che non avremmo mai voluto per nostra sorella o  nostra figlia.

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La dimensione del dovere

Posted by pj su 29 gennaio 2010

Siamo sicuri che la cittadinanza sia la soluzione di tutti i problemi legati alla convivenza multietnica? Ma soprattutto: siamo sicuri di sapere cosa sia la cittadinanza?

Il problema se lo poneva, qualche settimana fa su Sette, Angelo Panebianco, rilevando che «Uno degli errori che si commettono quando si parla di cittadinanza è di enfatizzarne solo la dimensione dei “diritti”». Essere cittadino italiano, secondo questa prospettiva, consente di godere di alcuni diritti garantiti dalla Costituzione e difendibili anche in sede legale.

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Pugni alla coscienza

Posted by pj su 6 ottobre 2009

Diciott’anni, due pugni e una vita sulla coscienza. Ci si può rovinare l’esistenza anche così, dando in escandescenze per difendere un diritto inesistente e un atto palesemente antisociale.

È successo a Torino dove un settantaseienne è stato preso a pugni in faccia da un giovinastro che insisteva per salire in bicicletta sul bus. L’autista, una donna, non sapeva più quali armi usare per convincerlo a restare a terra, e l’uomo, con un passato da tramviere, è intervenuto per rasserenare il ragazzotto. A onor del vero non sappiamo ancora se l’ictus che ha ucciso l’anziano sia stato una conseguenza diretta dei pugni presi sul bus, anche se la logica e il buonsenso lo suggerirebbero.
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Il trionfo dell’alibi

Posted by pj su 4 settembre 2009

La notizia delle dimissioni di Dino Boffo, direttore di Avvenire, mi ha provocato lo stesso senso di smarrimento che mi aveva colto il 28 agosto scorso, di fronte alla prima pagina del Giornale. Un titolo urlato, un attacco personale nei confronti di un collega che ha espresso con sobrietà alcune obiezioni sulla moralità del premier. Niente a che vedere con le campagne mediatiche di altre testate, anche cattoliche, che in questi mesi avevano lanciato accuse e insinuazioni contro il Presidente del Consiglio: insomma, sembrava un caso montato sulla persona sbagliata.

Inizialmente l’avevamo presa come una campagna mediatica del Giornale, e lo stesso Berlusconi aveva assicurato di non essere al corrente della scelta di Feltri. Oggi che il fronte si allarga a un’altra testata di famiglia, qualche dubbio comincia a sorgere.

E, di fronte al rischio di una balcanizzazione del conflitto, viene infine da pensare che Dino Boffo abbia fatto bene.

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Uomo, l’ultima frontiera

Posted by pj su 9 luglio 2009

Ci risiamo: i giornali oggi danno spazio ed evidenza a un annuncio (fanta)scientifico che arriva dall’Inghilterra, secondo il quale l’uomo starebbe per diventare inutile perfino ai fini della procreazione.

A quanto pare non ci è bastato. Per tre generazioni abbiamo tentato di stravolgere la società, e ci siamo ritrovati a rimpiangere quella che, a ragion veduta, era una formula efficace: da innovare, evidentemente, ma non da buttare.

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Bellezze a confronto

Posted by pj su 8 Maggio 2009

Può esistere un concorso di bellezza in cui l’estetica non giochi un ruolo dominante?

Se la vostra risposta è “no”, sappiate che vi state sbagliando. Ma non fatevene una colpa, le nostre convinzioni nascono dalla società in cui viviamo: siamo occidentali, e nella nostra società la forma (fisica) risulta determinante in molte aree della vita.

Non è così ovunque, però – e questo, per inciso, dimostra che dovremmo smetterla di considerarci al centro dell’universo, e soprattutto di crederci i migliori -: in Arabia Saudita sono capaci di organizzare un concorso di bellezza, o meglio un reality, cui partecipano centinaia di ragazze coperte dalla testa ai piedi. Spiccano solo gli occhi, e qualcuna delle giurate (tutte donne, va da sé) particolarmente schizzinosa sostiene che si dovrebbero oscurare anche quelli.

Le valutazioni delle candidate si basano su qualcosa che noi europei abbiamo dimenticato: ciò che uno è dentro, ciò in cui una persona crede, come si comporta. Blanditi dai guru del relativismo abbiamo cancellato dal nostro immaginario tutto ciò che c’era di nobile, profondo, significativo, e che proprio per questo poteva apparire poco politicamente corretto.

In Arabia Saudita, a quanto pare, sono più avanti. O più indietro, a seconda dei punti di vista. Basano un concorso di bellezza – l’unico del paese – su educazione, conoscenza della morale (e, supponiamo, dell’educazione), qualità del rapporto familiare. Quasi una bestemmia per una società come la nostra, dove il massimo dell’espressione intellettuale emersa agli ultimi concorsi di bellezza è stata una dotta disquisizione sul “lato b”.

Sia chiaro: non vogliamo dimenticare che stiamo parlando dell’Arabia Saudita, un paese che non può essere additato come fulgido esempio di democrazia. Basti ricordare la condizione subalterna della donna, la mancanza di libertà religiosa, o il divieto di importare libri cristiani o simboli di una fede diversa dall’islam.

Premesso questo, però, viene da chiedersi se questa sorta di ballo delle debuttanti in salsa berbera, sia davvero così ridicolo come, a un primo sguardo, ci potrebbe sembrare.

In fondo abbiamo poco da ridere. Guardandoci attorno, camminando per la strada, navigando in rete troviamo una gioventù triste, delusa, senza punti di riferimento né valori: nemmeno l’ombra di quello che un tempo si definiva buona creanza, senso civico, buona educazione.

I miti di oggi sono sguaiati, arroganti, falsi, arrivisti, senza scrupoli né pietà, privi del benché minimo senso di opportunità.

Difficile stupirsi se poi i giovani si ritrovano a tirare avanti un’esistenza pigra, arrabbiata, sciatta, se tra un sms e l’altro niente li entusiasma e nulla riesce ad attirare la loro attenzione.

Pochi adulti se ne preoccupano davvero: “Sono solo ragazzi”, “è un’età difficile”, “hanno diritto a divertirsi” sono le frasi che ricorrono più spesso.
Nel declinare ogni responsabilità nei loro confronti dimentichiamo che tra qualche anno questi stessi ragazzi saranno, a loro volta, genitori. Con obblighi e responsabilità di cui, oggi, non vogliono nemmeno sentir parlare.

E allora una soluzione va trovata, e in fretta. Aiutarli a trovare un senso alla loro vita, spirituale e sociale, è un obbligo morale per tutti noi.

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Un drammatico venerdì

Posted by pj su 16 febbraio 2009

Deve essere stata una scena drammatica, quella che si è presentata ai soccorritori venerdì mattina su quel viadotto della Messina-Palermo. Un’auto accartocciata, poco più di un rottame di cui a stento si riconosce il modello. Due corpi sull’asfalto. Uno proiettato giù dal burrone.

Una scena di guerra in un tratto stradale poco sicuro, che già in passato ha causato vittime, reso ancora più insidioso dalla pioggia caduta abbondante nelle ore precedenti.

In quell’auto c’erano un uomo e quattro donne. Facevano parte di una comunità evangelica tra le più numerose di Messina. Chiariamolo una volta per tutte: ricordare questo dettaglio non è un atto di cinico sciovinismo. Le loro vite certo non contavano più di quelle di altri esseri umani. Ma per noi erano speciali.

Tra di noi ci chiamiamo “fratelli”, e non è un caso: ci unisce un legame forte, che ci fa sentire vicini anche quando ci conosciamo a malapena, o non ci conosciamo affatto: pur provenendo da contesti sociali, culturali, geografici diversi, sappiamo di aver fatto la stessa scelta di vita. La scelta di accettare l’amore di Dio nella nostra vita e di seguire con coerenza, per amore, l’insegnamento di Gesù Cristo nella vita quotidiana, nel comunicare la speranza di una nuova vita, nell’impegno concreto per gli altri.

Era proprio per questo desiderio che i cinque si erano messi in viaggio quella mattina: stavano andando a Palermo per un convegno dedicato alle associazioni di volontariato penitenziario, per focalizzare e approfondire le opportunità di un impegno difficile come quello di stare vicino a chi nella propria vita ha sbagliato, incoraggiandolo a cercare una seconda opportunità.

Nicola Arena è malconcio ma ancora tra noi. Responsabile della Congregazione cristiana evangelica di Messina, è un’anima instancabile: il suo impegno cristiano a tutto tondo, la sua predicazione chiara, competente e senza fronzoli lo hanno fatto apprezzare, nel corso degli anni, in tutta Italia.

Non più tardi di qualche settimana fa era a Pordenone, insieme alla sua amata compagna Grazia, incaricato di portare un messaggio in occasione dei 25 anni della chiesa locale.

In più occasioni abbiamo avuto il piacere di averlo ospite nei nostri programmi, su crc.fm, per parlare di dottrina cristiana. Sempre disponibile, sempre preciso, sempre umile («chiamami Nicolino, ti prego»).

Nicola è ancora tra noi, dicevamo. Non è andata altrettanto bene a sua moglie Grazia, né a Claudia.

Non possiamo sapere perché, né vogliamo aggiungere frasi banali, in un momento di dolore come questo.

Preferiamo stringerci in un silenzioso ma sentito abbraccio a Nicola e ai suoi figli. Ci lega un’ormai antica conoscenza, rinfocolata di quando in quando da occasioni di incontro.

Ma, soprattutto, siamo fratelli. E i fratelli, insieme alla speranza, sanno condividere anche la sofferenza.

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La religione della ragione

Posted by pj su 24 novembre 2008

In Spagna il crocifisso non avrà più spazio nelle scuole: lo ha sentenziato il tribunale di Castilla-Leon, che ha accolto il ricorso dell’Associazione culturale scuola laica (Acel).

La corte, riporta La Stampa, ha «decretato che il crocifisso e altri simboli cattolici dovranno essere tolti dalla scuola pubblica Macias Picave di Valladolid», ma pare che la decisione verrà applicata a tutte le scuole della regione: secondo la portavoce socialista della città, «è l’unica forma di tutela per le famiglie che non professano il cattolicesimo».

Niente simboli, quindi, nelle scuole, per sancire l’equidistanza dello Stato di fronte alle confessioni religiose: tutto sommato una sentenza ragionevole, molto più ragionevole delle dichiarazioni dell’Acel dopo la pubblicazione della sentenza. Il portavoce dell’associazione ha parlato – così almeno riferisce La Stampa – di «Trionfo dell’igiene democratica».

Proprio così. Non avrebbe parlato di passo avanti, di progresso, o – volendo esagerare – di decisione storica, ma di “trionfo dell’igiene democratica”.

Parole che, a pensarci bene, provocano un brivido: una violenza verbale per un giudizio tranchant che rievoca altri tempi, altri confronti, altre ideologie. Alludere alla scarsa igiene democratica dell’avversario comporta la sua delegittimazione: in quest’ottica la religione, qualunque religione, diventa un’anomalia fisiologica che viene tollerata malvolentieri, e non una diversità che arricchisce il tessuto sociale.

Eppure i conti, ancora una volta, non tornano. Le certezze granitiche non sono dei democratici e dei liberali, degli intellettuali e dei pensatori, che sono disposti ad ammettere i loro errori, i loro dubbi, un pensiero migliorabile attraverso il confronto.

La solidità di un pensiero inscalfibile è, piuttosto, di una religione. In questo caso, la religione laicista. Con una differenza non da poco: i credenti ammettono serenamente le loro certezze e le loro soluzioni per l’uomo, la società, il mondo.

I laicisti, invece, ammantano la loro religiosità per la ragione con una glassa di scientificità e neutralità che punta a farla apparire qualcosa di ineludibile. Un pensiero unico e irrefutabile che non è possibile contestare senza essere canzonati per la propria creduloneria, tacciati di eresia antidemocratica e messi al bando dalla “società civile”.

Un quadro angosciante. A più di due secoli dagli sproloqui spirituali degli illuministi, il rischio di una dittatura della ragione resta alto.

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